Manuel Agnelli giudice a X Factor.
Segue minuto di silenzio.
Il leader degli Afterhours, quelli che hanno cambiato le sorti del rock indipendente italiano con “Hai paura del buio?” (1997). Quelli che si sono presentati al Festival di Sanremo (2009) con “Il paese è reale”, brano escluso dalla gara alla prima fase di eliminazione, ma che si è aggiudicato il Premio della Critica “Mia Martini” e poi hanno messo su una compilation della madonna con i brani di A Toys Orchestra, Cesare Basile, Paolo Benvegnù, Calibro 35, Dente, Teatro degli Orrori e Zen Circus tra gli altri.
Perché Manuel Agnelli a X Factor? Per portare musica migliore anche in tv, per fregare il sistema venendo pagato per dire ciò che vuole dire. Balle. Sarebbe come se uno dei migliori chef andasse a lavorare nella cucina di McDonald’s per portare nuova qualità, come se Tarantino dirigesse una puntata di Don Matteo per risollevare la fiction italiana. Lasciamo che sia Moccia a scrivere le frasi dei baci Perugina, non disturbiamo la Gualtieri. Ci ha già provato Piero Pelù a The Voice, ci ha provato anche Morgan ad X Factor e ad Amici. La musica in tv non cambia perché non può cambiare, perché se fai una foto con lo smartphone non potrai mai pretendere abbia la qualità di quella scattata con una macchina professionale, neanche con i filtri Instagram #mettitiilcuoreinpace. Se il contenitore è sbagliato, se il media è il messaggio, allora Manuel Agnelli non sta facendo altro che piegarsi al pop, inteso nella sua accezione più dispregiativa, quella per cui tutti possono dare un giudizio indipendentemente dalle loro conoscenze. Magari ci sbagliamo, gli Afterhours irromperanno negli studi, faranno ascoltare “Sui giovani d’oggi ci scatarro su” al pubblico nazional popolare e, improvvisamente, nelle scuole non si suonerà più il flauto, “xx” (completare a proprio piacimento) non venderà più un disco e la musica italiana tornerà ad essere all’avanguardia. Magari. Per ora sappiamo solo quello che tutti sanno.