“Un luogo sicuro” è il nuovo album de L’ORSO uscito per Garrincha Dischi a marzo 2016.
“Un luogo sicuro” è un disco scandito da tre momenti, tre luoghi che dipingono il tema portante di tutto il progetto, la ricerca del luogo sicuro: una ricerca che diventa un eterno ritorno verso se stessi, in un vagare infinito che riporta sempre a casa.
“Un luogo sicuro” è un prodotto di Marco “Cosmo” Bianchi (Cosmo/Drink To Me) e Mattia Barro che mette a confronto gli estremi in un dualismo musicale e concettuale, unendo sonorità elettroniche e moderne a campionamenti naturalistici e strumenti acustici, melodia a parti rappate.
Qui la nostra intervista a Mattia.
L’Orso cambia sonorità, cambia membri del gruppo. Di che viaggio si tratta? Molti avevano paragonato L’Orso ai ICani, ma visti i vostri rispettivi nuovi album, mai definizione ci sembra più lontana. E in fondo, Mattia, la tua scrittura è rimasta malinconica, non troviamo un luogo sicuro nell’album dell’Orso. In questo disco si indicano alcuni luoghi sicuri, come fossero dei suggerimenti: se stessi, le persone al proprio fianco, il concetto di casa. C’è un velo di malinconia, perché effettivamente sono una persona malinconica, ma questo non significa che non ci sia la consapevolezza che esistano dei luoghi sicuri. Questo disco è una ricerca. Un indagine dei luoghi sicuri. A volte è proprio la malinconia ad essere la sicurezza da cui ripartire. Chi dice che un luogo sicuro debba essere solamente felice?
Siamo una generazione nostalgica? La mia generazione (classe’88) sì. Siamo nati con il 286 e vent’anni dopo siamo affogati nel mare di internet. Siamo passati dal contatto fisico all’elusività del web, iniziamo a sentire la mancanza delle esperienze tattili. La nostalgia è una forma di ricordo, non un senso di rassegnazione. Niente di grave dunque, possiamo sopravvivere con facilità.
Come nasce questo album? Tu scrivi melodie e canzoni e poi li porti in sala prove? In una prima fase ho composto le tracce in versione strumentale. Registravo ogni strumento e ogni idea che mi appariva interessante. Ricercavo un suono, un flusso, qualcosa di davvero mio. Con questi provini molto avanzati ho iniziato a lavorare con Cosmo e abbiamo capito dove volevamo portarli. Abbiamo lavorato principalmente sulla ricerca di un suono nuovo, nostro. In contemporanea ho lavorato su melodie e testi. Nell’ultima sessione di studio abbiamo completato le canzoni, registrato le voci, modificato e azzardato dove necessario.
Per quanto tempo avete lavorato a “Un luogo sicuro”? Quanto conta la qualità della registrazione?
Parte dell’estate e l’inizio dell’autunno. Un periodo frenetico e stimolante a livello creativo, calmo ed educato nelle scadenze. La qualità è davvero importante, soprattutto nella logica della ricerca del suono. Questo è ciò su cui abbiamo lavorato maggiormente, trovare un’identità di suono precisa e riconoscibile su cui impostare il presente e il futuro della nostra musica.
Pensate che oggi abbia ancora senso stampare un disco? Il futuro è il digital download, lo streaming o un serio ritorno al vinile?
Probabilmente nessuno ha ancora capito la tendenza commerciale del futuro. Ci sono tanti tentativi che possono funzionare su determinate realtà (il ritorno al vinile per i nuovo audiofili, il digital download per le mega popstar, i cd da vendere agli instore), ma non mi pare sia stata ancora individuata la strada madre su cui erigere il futuro della discografia.
Tu, Mattia, cosa ascolti? Non penso tanto al genere, che è un concetto in cui non credo molto; preferisco scoprire, indagare, studiare. Quando scoprii il Tropicalismo mi ci tuffai dentro con lo stesso entusiasmo con cui ascoltai la techno belga dopo essermi imbattuto nella Token Records. La musica è stimolazione e studio e ascolto. Poi ognuno ha le sue sensibilità più spiccate in cui rifugiarsi; le mie mi riportano al rap, all’elettronica, al pop curato. Ma sono appena stato ad un concerto di musica concreta, ad esempio. Un amante della musica deve avere curiosità e apertura.
Prima del concerto all’Alcatraz hai commentato che l’ultimo artista che hai visto salire su quel palco non è stato Francesco De Gregori ma St. Vincent. Quindi che rapporto hai con la musica “storica” cantautoriale italiana?
Non ci conosciamo molto, non ascolto i cantautori italiani. Non sono ancora riusciti a far breccia nella mia sensibilità musicale. Probabilmente accadrà in futuro.
Com’è fare un tour nelle Feltrinelli? Non ci immaginiamo il tuo pubblico che urla e spinge per avere l’autografo sul disco, come quello di Emma Marrone.
Il mio è un pubblico educato che ascolta, aspetta il proprio turno e vuole sentire suonare. Mi è molto piaciuta l’intimità e l’educazione con cui hanno partecipato a questi confronti. Ho parlato di musica, di far musica, di fare dischi. E ho raccontato qualche storia, e suonato. Volevo lasciare qualcosa in più per l’ascolto di ‘Un luogo sicuro’.
Ma lo vorresti il pubblico di Emma Marrone?
Non penso esista un pubblico migliore e un pubblico peggiore.
In fondo dici che “Vuoi essere il re del dancefloor”: il tuo electro pop indipendente quanto sarebbe disposto a scendere a compromessi pur di raggiungere il vasto pubblico?
Mai fatto compromessi, non avrebbe senso. Non sto cercando il grande pubblico, sto cercando di dare emozioni. Non che le due cose si escludino a priori. ‘Voglio essere il re del dancefloor’ è una frase che racconta una mia piccola intimità, quella in cui chiudo gli occhi e ballo da solo i dischi che mi piacciono. Quel brano dice ‘non importa cosa pensi di me, qui mi sento protetto, sono il più forte del mondo’. E’ un brano sull’accettazione di se stessi, sull’autodeterminazione attraverso la forma più naturale d’espressione dell’uomo: il ballo.
Oggi chi si mantiene con la musica?
I big e qualche indipendente a cui è andata bene.
Dove vedremo L’Orso nei prossimi mesi?
Suoneremo per tutto il 2016, quindi ci sarà tempo di trovarci !
Queste sono le prossime date:
•22.04 Bologna, Locomotiv
•12.05 Roma, Quirinett
•13.05 Napoli, Lanificio 25
•14.05 Montevarchi (AR), Auditoriu