La recensione del concerto de LE LUCI DELLA CENTRALE ELETTRICA e quattro chiacchiere con l’opening act COLOMBRE @Alcatraz, Milano

A Milano Le Luci della Centrale Elettrica hanno dato il meglio di sé ad un Alcatraz sold out ed entusiasta di ascoltare i vecchi successi e il nuovo disco di Vasco Brondi. Di “Terra” vi abbiamo già parlato qui con molto calore, un disco formidabile e complesso a livello sia musicale sia dei testi. Un disco che speravamo valesse la pena vedere suonato dal vivo ma che in realtà perde gran parte degli arrangiamenti purtroppo sul palco. La band apre con “Qui” dal ritmo tribale ma non risparmia anche i salti nei lavori precedenti con “C’eravamo abbastanza amati” e “Cara catastrofe”; il disco nuovo viene suonato per intero, e il pubblico sembra stringersi in un grande abbraccio collettivo con “A forma di fulmine” già imparata a memoria e “Iperconnessi”. Brondi come sempre non trasuda simpatia ma ha un modo di scrivere che attira tanto bimbiminchia quanto filosofi ancora a chiedersi quali siano i nostri superpoteri.

Il concerto di Milano è stato aperto da Colombre, Flavio Giurato e Marianne Mirage. Colombre, di cui vi abbiamo parlato da poco, è una delle belle scoperte di quest’anno e siamo felici che Brondi gli abbia dato la possibilità di farsi notare. Si è esibito con un set minimale, chitarra e voce. Abbiamo fatto quattro chiacchiere con lui

Colombre è la naturale evoluzione di Chewingum soprattutto nei testi dell’album, molto più diretti e sinceri. Hai lasciato da parte i giri di parole per metterti a nudo, come è iniziato questo percorso?

La sincerità c’era anche prima con i Chewingum ma era raccontata con parole diverse, sicuramente meno dirette. Il processo è legato all’evoluzione naturale degli eventi e alle fasi della vita che cambiano. Era giunto il momento per me di mettermi in gioco da solo, cosa che da tempo avevo intenzione di fare, senza compromessi o scuse. Ho accettato questa sfida.

Si comincia con la title track “Pulviscolo” che svela subito l’anima dell’album fatto di piccoli gioielli cantautoriali, con melodie leggere ma parole forti, di cui la parola pulviscolo rende bene l’idea. Come hai scelto questo brano come primo singolo e come è stato realizzato il video?

Era quello giusto con cui partire per raccontare il disco e la mia nuova avventura musicale. Per me è un piccolo manifesto d’intenti molto significativo. Il video è un’intuizione di Letizia (Maria Antonietta) la mia fidanzata che ha capito benissimo di cosa stessi parlando e ha tradotto perfettamente in immagini le parole e le sensazioni del testo.

Immaginiamo che “Tso” sia tratto da una storia vera e che non sia stato facile tirarla fuori. Quanto di te c’è realmente in questo album?

Sì, è la storia di un mio amico. Nel disco c’è tutto il Giovanni possibile.

Ci sono tante emozioni che si avvicendano in questo album, ma c’è anche tanto amaro: la gente mente, la gente ha sempre fretta, fa schifo. A quali realtà ti riferisci, cosa ti infastidisce?

Se ti riferisci a “Sveglia”, quella canzone parla di me non di altri. Parla della dualità, come se ti guardassi allo specchio e parlassi a te stesso. Una parte di te non si vuole arrendere e vuole affrontare le cose con spinta e coraggio, un’altra manderebbe tutto e tutti al diavolo.

“Quando faccio sul serio mi sento stupido” (da “Bugiardo”) eppure nel tuo percorso c’è una grande determinazione. E’ stato difficile decidere di buttarsi a capofitto nella musica?

No al contrario, è stata una fortuna.

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