Questo “Die” di Iosonouncane è un disco anomalo nel panorama italiano. Un concept album in cui il tipico canto sardo si intreccia e si mescola con melodie elettro orchestrali fino a generare un groviglio di sole, sale e terra dall’effetto tanto concreto quanto surreale. Sei tracce dove fiati, synth, chitarre e tastiere progressive delineano un immaginario archetipico di una terra padrona e spietata.
Sembra la messa in musica di una poesia di Pavese, terra rossa terra nera ricca come un ricordo, dura e dolcissima, parola antica per sangue raccolto negli occhi (da La terra e la morte).
Sembra il racconto di Elias Portolu che arriva nella sconfinata solitudine della tanca, animata solo da qualche grido, da qualche fischio di pastore, dal tintinnio delle greggie e dal muggito degli armenti (“Elias Portolu” di Grazia Deledda). È un lavoro che sorprende, soprattutto nelle prime tre tracce, che sa mescolare generi diversi con una delicatezza disarmante.
Comments: 1