Nella copertina di “La voce umana”, il cantautore Francesco Sacco e sua moglie Giada fluttuano sul mare del Lido di Venezia, lontano da “Il nostro dio / Che è fatto di pixel, di reti wifi”. Questo è un album che parla della ricerca di contatto e di relazioni, che partono sempre dal trovare se stessi per poi star bene nel mondo.
Il suo ascolto tutto d’un fiato è quasi un percorso meditativo: a partire dall’”Intro” con la voce della Magnani nel celebre monologo da La Voix humaine (1932) dello scrittore francese Jean Cocteau, veniamo calati in un mondo che sembra appunto fluttuare sopra la nostra quotidianità, incorniciato da synth ben dosati e una produzione attenta. La voce, abbattuta dall’eccessiva immersione nella tecnologia (“La voce umana), viene ritrovata attraverso una chitarra e la sua musica (“L’invenzione del Blues”), pian piano la faccia da “Berlino Est” si scioglie, niente può fermarci ora che le barriere sono cadute e il mondo è più pulito (“Piove a Nagasaki”). Non c’è solo una strada per rinascere: groupie (“Maria Maddalena”), innamorati (“A te”), anziani con il bastone (“Lido di Venezia”), l’importante è trovare il tempo di sollevarci da quello che nel mondo ci opprime. Anche se sempre “Proprio qui fra le conchiglie c’è una scoria nucleare”.
Nel silenzio del Lido di Venezia, Sacco ha condensato così un’intera vita in un album che unisce melodia e sperimentazione dei suoni, gioca sull’ibrido tra elementi classici del cantautorato e l’elettronica, ricorda a tratti Le Luci della Centrale Elettrica e i Bluvertigo.
Speriamo venga considerato tra i migliori album d’esordio al Tenco di quest’anno.