Il teatro de Lo Stato Sociale e Kepler-452

Lo Stato Sociale, dopo aver scritto un libro “Il movimento è fermo” e portato in scena “La rivoluzione è facile se sai come farla” torna ad avventurarsi nel mondo extra musicale confermando la sua trasversalità, e lo fa appoggiando una compagnia teatrale che da sempre lotta per riportare i giovani ad amare il teatro.

Ha debuttato la scorsa settimana Il giardino dei ciliegiTrent’anni di felicità in comodato d’uso” della compagnia bolognese Kepler-452 in collaborazione con Lo Stato Sociale. Un dramma che incrocia i temi del nostro tempo con le storie di persone comuni, portandole sul palco insieme agli stessi protagonisti che le hanno vissute, partendo da una storia vera: Annalisa Lenzi e Giuliano Bianchi hanno vissuto trent’anni in una casa colonica concessa in comodato d’uso dal Comune di Bologna, in quanto fondatori di un’associazione che si occupa di animali. La famiglia Bianchi si è sempre occupata di due attività principali: il controllo della popolazione dei piccioni e l’accoglienza di animali esotici o pericolosi. Per trent’anni hanno convissuto in quella casa babbuini, carcerati, una famiglia rom ospite, boa constrictor… Trent’anni di pura felicità. Finché, nel 2015, hanno ricevuto un avviso di sfratto. Il patrimonio di animali, relazioni, magia di questo contemporaneo Giardino dei ciliegi, nell’arco di una mattinata di settembre cessa per sempre di esistere.

«Abbiamo preso Il giardino dei ciliegi per interrogarci su che cosa significhi perdere un luogo dell’anima per ragioni economiche. L’indagine che abbiamo condotto sugli sgomberi a Bologna ci ha subito posti di fronte a un conflitto di natura filosofica, che è quello fra illuminismo e magia, e cioè come le regole del “vivere insieme” impattano sull’individuo e sulla sua irriducibilità» racconta Nicola Borghesi, giovane rivelazione del teatro italiano.

«In queste settimane non sono andato molto in tv, non sono stato a delle sfilate, a delle feste, a delle inaugurazioni. Non ho fatto il giro delle radio e quel poco che ho fatto l’ho incastrato dormendo in treno o non dormendo proprio. In queste settimane, mentre fuori esplodeva la canzone che ci sta cambiando la vita, sono rimasto chiuso nel teatro della mia città, vedendo ogni giorno le stesse sette facce” – spiega Lodo – “Il motivo, soprattutto adesso, resta legato a queste trecento poltroncine, a questo palco squinternato, a due signori di sessant’anni cui hanno tolto una casa e un giardino e regalato una seconda famiglia. Resta legato al non smettere di chiedermi dove sono, dove voglio andare e dove ho sbagliato. A non smettere di combattere col sorriso un mondo serio o che sorride di circostanza».

A Bologna, dal 17 al 30 marzo, poi a Faenza il 4 aprile, in ottobre a Milano.

 

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