INTERVISTA AI BLACK BEAT MOVEMENT – RADIO MANTRA

E’ appena uscito “Radio Mantra” (La grande Onda /A1), il nuovo album dei BLACK BEAT MOVEMENT, storico collettivo neo – soul, hip hop e funk milanese. Abbiamo ascoltato il disco, dove ogni brano ha la sua storia e in comune un sound e la voce di Naima, e ne abbiamo parlato con la band.

Possiamo dire che siete una super band e che in questi anni di carriera ogni uno di voi ha visto cambiare il mondo della musica. Cosa vi ha spinto ad unirvi e continuare a creare? Per prima cosa grazie per averci definito una super band! Il progetto è nato in maniera molto spontanea. Io (Naima) e Bolo ci siamo trovati nello stesso momento a voler esplorare il mondo della black music, era il 2012 quando ci incontrammo per definire il progetto e in poco tempo si unirono Jack, Specchio e Agly. Nico e Veez_0 invece sono entrati nella band  più recentemente, rispettivamente nel 2015 e 2017.
Seppur provenendo da generi diversi, ognuno di noi ha una forte passione e un profondo rispetto per la musica e ci siamo sin da subito trovati in sintonia sia per quanto riguarda la fase creativa che l’esibizione live. Sono stati sei anni intensi in cui esplorare ed esplorarci, crescere musicalmente e umanamente. La band di fatto è una seconda famiglia in cui si condivide qualcosa che va al di là del suonare e basta.

Partiamo dalla copertina di questo “Radio Mantra”. L’artwork dell’album è stato realizzato da Francesco Paura che sin dalla prima bozza ha centrato il punto della questione. Infatti quella che abbiamo scelto come copertina è stata la prima opzione che lui ci ha proposto. Ha fatto subito centro!
Questo disco racchiude un periodo di forte disequilibrio e instabilità. Un limbo da cui è difficile uscire. Una situazione in cui ti trovi a galleggiare in mezzo al mare senza vedere un punto d’approdo.
E quindi l’unico modo per ‘salvarsi’ è quello di riconnettersi realmente con sé stessi e con gli altri diffondendo positività senza farsi travolgere dal vortice dell’insoddisfazione e cadere nel buco nero. La musica è il mezzo che noi abbiamo per far star bene gli altri e noi stessi.

Ci sono tanti che provano a sperimentare generi diversi ma che perdono l’identità. A voi non succede, vi siete chiesti perché? Per assurdo noi stiamo facendo un percorso al contrario. Siamo nati come band molto eclettica musicalmente, spaziando tra varie zone dell’universo black, dall’hip hop al rnb, dai future beats al funk; ora stiamo cercando di definire un nostro suono che sia continuo e al servizio dell’idea che vogliamo trasmettere.
Abbiamo deciso per questo disco di scegliere pochi strumenti, ma ben pensati e sfruttarli al massimo, cercando un po’ di unire il mondo dei synth (juno, matrix) al campionamento crudo.
La radice ovviamente ben salda rimane l’interplay che cerchiamo di coltivare il più possibile anche in fase di produzione!

Parliamo del primo singolo “Red Rocks”, anche voi vi siete trovati a inseguire i vostri sogni più inarrivabili?Noi viviamo di sogni, anzi, viviamo i nostri sogni.
“The Anti” parla della brutta abitudine di rimandare le cose, “W•O•R•L•D” delle domande a cui non troviamo risposte, in “IN A DAZE” raccontate una relazione complicata. Il disco affronta quindi diverse tematiche legate alla sfera dell’io. Scriverlo è stato un cammino anche per voi? Scrivere un disco, per come lo intendiamo noi, significa mettersi a nudo. Incidere pensieri, raccontare storie, descrivere stati d’animo ma anche fantasticare e fissare frasi raccolte nel tempo. I brani sono tante piccole fotografie, più o meno sfocate di situazioni più o meno definite.

Avete sperimentato l’italiano con il vostro brano “Edera”, eppure è quello che a livello di contenuto linguistico ci sembra meno influente, una strana scelta! E’ perché volete tenere sempre al centro la musica, poi viene il testo? Avevamo in mente già da un po’ di tempo di sperimentare l’italiano e per il momento il pubblico sembra aver reagito bene dando feedback positivi sul brano. Se ci si sofferma sul testo, sia nella parte di Naima che di Ghemon ci sono delle immagini molto belle. Sicuramente la musica contribuisce a proiettare l’ascoltatore in una dimensione ancora più intima del brano.

Avete scelto i Technoir che a noi piacciono moltissimo per un brano sulle donne. Potrebbe mai esserci uguaglianza tra i sessi? Cosa significa uguaglianza? Woman è un bellissimo brano, forse uno dei più riusciti di Radio Mantra. E’ una sorta di dialogo tra due donne che si scambiano pensieri sull’universo femminile come fosse un botta e risposta. Uguaglianza significa saper convivere nella diversità.

Naima, come vivi il fatto di essere l’unica donna del gruppo? Provare per credere! Ogni tanto risulta molto faticoso, però c’è molta stima reciproca e ci si vuole molto bene.
Dj Agly un giorno ha detto una frase che ho incorniciato “Siamo sei pinscher e un pitbull’…indovinate un po’ chi è il pitbull!

Come avete scelto le collaborazioni in questo disco? Ringraziamo prima di tutto i mega artisti presenti in Radio Mantra, che hanno dato un valore inimmaginabile a questo lavoro!
Ognuna delle collaborazioni ha dietro una storia di stima e rispetto artistico e umano! Per noi è fondamentale vivere la musica nella maniera più ricca possibile e ogni artista ha contribuito a fissare una casella dentro a questo a lavoro con enorme sensibilità e talento!

Avete viaggiato molto nella vostra carriera? Ognuno di noi ha la sua storia personale però possiamo dire che, chi più chi meno, abbiamo viaggiato tanto e vissuto per lunghi periodi all’estero. Se ci soffermiamo anche solo sul numero di live che abbiamo fatto con i BBM, che sono all’incirca trecento, non sapremmo quantificare i chilometri in furgone…sappiamo solo che sono parecchi!

Quali sono gli artisti alla base delle influenze black di “Radio Mantra” e in generale della vostra produzione? Siamo un collettivo di sette persone, ognuno con le sue sfumature diverse. Ovviamente siamo grandi appassionati di soul, rnb, hip hop, funk, jazz, reggae e bass music in generale, ma realmente il nostro percorso non si è mai basato sul provare a suonare come “x” o “y”;  infatti se si ascoltano i nostri lavori sono veramente differenti e in completa evoluzione, stiamo affinando un suono, e chissà dove ci porterà questa ricerca.
Se ti dovessimo dire dei punti riferimento nel nostro percorso: Erykah Badu, D’Angelo, The Roots, Gil Scott-Heron, Herbie Hancock, Sly, The Soulquarians, Slum Village, ma anche progetti un po più moderni come Hiatus Kaiyote, Alabama Shakes, Flying Lotus, Thundercat, Kendric Lamar…

Un artista straniero con cui vi piacerebbe duettare? Thundercat.

E uno italiano? Daniele Silvestri.

A maggio sarete sul palco del Mi Ami, qualche anticipazione sul live che farete? Stiamo pensando di riproporre la stessa formazione con cui abbiamo suonato alla presentazione di Radio Mantra. Aggiungere quindi tre elementi in più: tromba, cori e percussioni. Suonare in dieci sul palco del Mi Ami sarebbe fantastico!

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