Intervista ai THINK ABOUT IT

Pensiamo al nome per la band? I THINK ABOUT IT! Così il gruppo di Bari ci racconta il nuovo album “In secondo piano” e ci dice qualcosa anche sull’ultimo lavoro del loro idolo Kendrick Lamar.

“In secondo piano” è il vostro album d’esordio ma siete già sulla scena da qualche anno. Forse l’album resta in secondo piano rispetto al live? Abbiamo scelto “In Secondo Piano” come titolo perché si presta a diverse interpretazioni. Dal punto di vista del concept del disco ne rappresenta il leitmotiv, poiché tutto l’album gira attorno alla presa di posizione di un ragazzo che, stanco di lasciarsi trasportare dal turbine della propria vita, ponendosi in secondo piano rispetto ad essa, decide di prendere il controllo della situazione e diventare il protagonista della propria esistenza.
Il titolo è inoltre un’allusione a diversi aspetti del nostro percorso musicale: in primo luogo perché nel periodo tra il nostro primo EP e il concepimento di questo disco abbiamo avuto diversi cambi di line-up che ci hanno più volte messo davanti alla necessità di trovare un piano B; in ultima analisi perché spesso ci siamo sentiti piuttosto lontani dalla scena HH locale e questo disco è il nostro modo per esorcizzare il tutto.

Anche il vostro nome non ci sembra del tutto casuale, soprattutto per un tipo di musica a cui in effetti bisogna prestare attenzione. “Think About It” è un invito ad ascoltarvi con concentrazione? Una “profetica” casualità è alla base del nostro nome! Agli albori del progetto avevamo un gruppo chiuso su Facebook del quale ci avvalevamo prevalentemente per programmare le prove, chiamato “Dobbiamo Pensarci” perché non avevamo ancora deciso il nome del gruppo… e da lì il resto è storia! Scherzi a parte, questa fortuita coincidenza è risultata essere vincente, poiché il nostro nome si presta a diverse interpretazioni che ben riassumono l’intento artistico del gruppo.

Il vostro è un sound originale che rivela grande affiatamento nella band. Come vi siete conosciuti e qual è il contributo di ogni membro? La nostra grande fortuna è quella di essere una famiglia prima che una Band. Amicizie in comune hanno voluto che, chi prima, chi dopo, ci incontrassimo tutti. La Band è ufficialmente nata da un’idea congiunta di Vincenzo Guerra e del nostro ex-tastierista Andrea Buongiorno che ebbero la lungimirante visione di sfruttare le loro influenze, rispettivamente funk e jazz, a servizio dell’Hip Hop. Da lì, si sono aggiunti Stefano, Gabriele Elerbagì e diverse altre figure che hanno lasciato il proprio tassello nel nostro grande puzzle (che non sarebbe lo stesso senza di loro). Allo stato attuale delle cose, ognuno dà il proprio personale contributo, siamo alla pari di una squadra di calcio, la sala prove è il nostro spogliatoio e spesso ci scaldiamo per le nostre idee divergenti, ma che finiscono per convergere nel compromesso unico che è il nostro sound.

Siete di Bari, forse una delle zone d’Italia più attenta alla musica autoctona. Come la Puglia in generale ha influenzato il vostro sound? La nostra terra ci ha influenzato in maniera implicita: la freschezza che ricerchiamo nel nostro suono deriva dalla matura leggerezza contenuta nel patrimonio genetico delle nostre radici. La Puglia ci ha permesso di conoscere delle persone splendide con le quali abbiamo avuto il piacere di collaborare: Carolina Bubbico e Giuliano Vozella che hanno contribuito con la loro voce a rendere speciali brani quali “Nei Tuoi Gesti” e “YOUth”; musicisti meravigliosi come Vito Scavo, Alex Grasso e Bruno Montrone che hanno tradotto la loro storia in note a servizio del nostro progetto. Questi ragazzi hanno reso il nostro album una festa collettiva ed il loro apporto è stato sicuramente un regalo bellissimo.

“Cortese” è il vostro primo singolo che consigliamo a tutti di ascoltare (qui sotto il video). Ma vi chiediamo due parole anche sull’interessante trittico “Upstairs”Il “Trittico Upstairs” è uno dei gioiellini di tutto il progetto, tre interludi che permettono all’album di respirare e allo stesso tempo traghettano l’ascoltatore verso il contesto inesplorato della traccia successiva. Sono anelli di congiunzione che abbiamo interpretato come scalinate che favoriscono l’ascesa verso l’alto se prendiamo in considerazione il concept del disco e che sottolineano la progressione musicale, linea guida di tutto l’album. 

Ultima: cosa ne pensate del nuovo album di Kendrick Lamar? Ahhhh Kendrick!
Siamo enormi fan di tutto il collettivo Top Dawg e “Unreleased Unmastered” è la ciliegina sulla torta a più strati che è stata To Pimp. Uno dei tanti punti di forza di K-Dot è la proposta in Live di brani inediti, in modo tale che il concerto diventi un momento di ascolto, elemento che spesso si perde nell’ambito Hip Hop; la scelta di rilasciare alcuni di questi brani (come Untitled 2) non può che renderci felici. E poi, diciamocelo, ma chi rappa sulla Bossa Nova?
Levitate, Levitate, Levitate!

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