LA TEMPESTA si abbatte al RIVOLTA di MARGHERA

Qui a Venezia c’è sempre nebbia d’inverno, ma ieri la nostra destinazione era La Tempesta. Quinta edizione della grande festa dell’etichetta di Toffolo, La Tempesta al Rivolta di Marghera è un appuntamento immancabile, e noi ci siamo arrivate tra i primi 1000, portandoci a casa il cd omaggio: un assaggio della produzione dell’etichetta per festeggiare i suoi 15 anni.

I tre grandi capannoni industriali del Rivolta hanno cominciato a riempirsi dalle 18.00. C’è il main stage, dove alle 19.00 hanno suonato i Management Del Dolore Post Operatorio: un grande spazio rettangolare con il palco ad un’estremità e il bar all’altra, in cui si possono accendere le sigarette, portare i passeggini e i capelli lunghi a sessant’anni o anche fare un pic-nic con i panini e il vino preparati a casa, tanto nessuno pensa a perquisirti lo zaino. Per la band post punk, sotto il palco c’erano circa 200 persone, pronte a sorreggere Luca per lo stage diving “Alle sette ce né più qui, che in chiesa”. Grande rivelazione questa band dal vivo.

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Poi è la volta di Erio nel second stage, che con la sua voce molto femminile riempie la cripta di un sound alla FKA Twigs: gay e etereo.

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C’è anche un terzo spazio, il “Black Market”, che ospita una collezione di fumetti indipendenti delle rockstar dell’alternative comic. Facciamo un giro in quest’area in penombra ascoltando la selection musicale di Enrico Sist aka Señor Tonto. Durante i Bachi da Pietra siamo in fila per un panino e arriviamo al main stage solo per le ultime canzoni, e neanche troppo sazie. Ci piazziamo tra le prime file perché di lì a poco Il Teatro degli Orrori avrebbero presentato il nuovo disco. Audio indecente, tanto che Capovilla alla seconda canzone lascia il palco. Ritornano, sarebbero anche in forma, ma qualcosa continua a non funzionare al mixer: tornano i bassi ma la voce del frontman è un rantolio indistinto. Fanno quasi tutto il nuovo disco, pochi i pezzi storici come “Compagna Teresa”. Pubblico tiepido.

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Nel second stage suonano ancora Godblesscomputers e Yakamoto Kotzuga. Il primo ci è piaciuto molto, con i suoi suoni compatti tra elettronica e soul, il cugino italiano di Gold Panda. Venuto decisamente meglio. Anche Yakamoto è interessante, ha solo 21 anni e gioca in casa, con chitarra in mano, computer davanti e il video dietro di una tracheoscopia. Chiudono gli Aucan che presentano il nuovo album “Stelle fisse” e poi si va avanti a ballare finché la nebbia non ci riporta a casa.
Questa sera invece, tutti a nanna presto.

 

 

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