Recensione – Afterhours “Folfiri o Folfox”

Quella che si prospettava come la parabola discendente degli Afterhours, proprio nel momento in cui cominciavamo ad avere paura del buio, è invece un raggio perforante che mette in luce le straordinarie capacità di una band attiva dalla fine degli anni ’80 e ancora piena di cose da dire. Il nuovo album “Folfiri o Folfox” suggella l’entrata nel gruppo di Fabio Rondanini (batteria) e Stefano Pilia (chitarra), mentre escono Giorgio Prette e Giorgio Ciccarelli. Il titolo scelto “Folfiri o Folfox” designa due tipi di trattamenti chemioterapici e l’Ophrys in copertina è un fiore appartenente alla famiglia delle orchidee, da sempre simbolo di ringraziamento per un gesto d’amore. 18 canzoni, per un doppio disco entrato direttamente al primo posto della classifica degli album più venduti, l’ultima traccia “Se io fossi il giudice” suona pragmatica in modo agghiacciante…ma partiamo dall’inizio.

Il disco si apre con una chitarra ossessiva e la voce rotta di Manuel Agnelli che ricorda quando, all’età di sei anni, fece promettere a suo padre che non sarebbero mai morti. Un cerchio che, alla prima traccia, già si chiude come la vita, intorno al tema della fine. Un dolore descritto in ogni sua parte, che però non è la destinazione ma che insegna a crescere, così come crescono le tracce del disco con synth che giocano al potere con la batteria incalzante. Raccontano il male della società, violenta e ignorante.

67804088-f6ae-47c7-88a3-e031e90b6826Manuel, in “Il mio popolo si fa” che è il primo singolo, dice che forse c’è un motivo per festeggiare il nostro destino effimero. La sua voce è graffiante in “L’odore della giacca di mio padre”, tanto profonda quanto gli archi in “Ophryx”, magnifica traccia strumentale. “Non voglio ritrovare il tuo nome” parla del ricordo offuscato di una persona e potrebbe candidarsi a hit del disco, per lo stile che ricorda alcuni dei brani più famosi degli Afterhorus, così come “Ti cambia il sapore“. “San Miguel” ha influenze tribali e un recitato spettrale, come anche nella title track “Folfiri o Folfox”. “Qualche tipo di grandezza” è più rock con le chitarre elettriche distorte come, “Lasciati ingannare” e “Né pani né pesci” diventano le ballate del disco. Riverberi onirici per “Noi non faremo niente” e “Oggi” con synth delicati, pianoforte e tastiere.

L’attuale formazione è composta da Manuel Agnelli, leader e voce del gruppo, Roberto Dell’Era (basso), Rodrigo D’Erasmo (violino) e Xabier Iriondo (chitarra), un super gruppo formato da artisti che respirano ampiamente anche fuori dagli Afterhours e che sanno dimostrare in mille modi diversi tutto il loro valore. Come nella splendida strumentale “Cetuximab” ma anche nel drumming sfrenato di “Fra i non viventi vivremo noi“. Da segnalare infine i cambi di direzione e il bridge di “Fa male solo la prima volta“. La due canzoni finali creano una perfetta antitesi, come se il cerchio, all’ultimo momento, non volesse proprio chiudersi. “Il trucco non c’è” dice che tendiamo a smettere di farci domande per paura di scoprire che niente ha un senso, mentre in “Se io fossi il giudice“, Manuel racconta che svegliandosi ha deciso che voleva provare a vivere libero.

Un disco che insegna che indietro non si torna.

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